L’analisi delle modalità di comunicazione attraverso le quali si sono tenute in contatto tre generazioni di emigranti lucani con la propria comunità d’origine, questo l’oggetto della mia ricerca per la mia tesi di Laurea Magistrale in Antropologia culturale ed etnologia. La ricerca è stata condotta nella periferia parigina, dove è insediata, ormai da tre generazioni, una famiglia di emigrati lucani, originari di Muro Lucano. È d’obbligo, prima di addentrarci nelle modalità di ricerca e nelle conclusioni della stessa, fare una presentazione storica del fenomeno migratorio in Basilicata sia per l’importanza che riveste il fatto in sé, sia per le conseguenze che lo stesso ha prodotto nella realtà territoriale lucana; conseguenze, diciamolo subito, che hanno determinato un grave spopolamento, l’abbandono delle terre, l’estinzione stessa di una cultura, di saperi e mestieri storicamente rappresentativi e caratterizzanti il rapporto antico con una realtà rurale ed artigianale. Numerosi sono gli studi svolti a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, indagini e inchieste che hanno seguito orientamenti, percorsi e metodologie di ricerca diversi. L’emigrazione della Basilicata interessò inizialmente, intorno alla seconda metà dell’Ottocento, le zone montane come il Potentino e l’alto Lagonegrese, successivamente investì anche le zone collinari e le pianure. Le principali correnti migratorie di questo periodo portarono la gente lucana verso l’Argentina, il Brasile, l’Uruguay, la Colombia; quindi, in un secondo momento, fine Ottocento e inizi Novecento, negli Stati Uniti, meta “appetibile” per la rapida e progressiva industrializzazione in atto, che necessitava di forza lavoro a basso costo. Nel sud America i Lucani lavorarono come venditori ambulanti, piccoli commercianti od operai agricoli, mentre nel nord America dai più umili mestieri, quali spazzini e lustrascarpe, passarono ad